Il diritto di essere “normali”

Lettera da papà Vielle

Mio figlio è stato un cervello in fuga, laureato con onore in una delle migliori università del mondo, pagata col debito concesso agli studenti meritevoli, anche stranieri.

È tornato, non tanto per stare in Italia, quanto per cogliere un’occasione professionale davvero allettante, di inusuale prestigio, riservata agli “eccellenti”.

È una storia bella ma poco significativa e ripetibile; solo uno spunto per riflettere sulla condizione dei giovani, che hanno perso il diritto di essere “normali”; non eccellenti, ma nemmeno da buttar via. Invece, normalità e onestà, specialmente insieme, non sono più concesse. Università, Ricerca, Enti pubblici, persino aziende private, assumono quasi esclusivamente parenti, amici degli amici e raccomandati, costringendo alla fuga i più dotati e togliendo ogni speranza ai normali. Un danno epocale per l’Italia e i suoi giovani; un delitto che non consente ai bravi di creare sviluppo, a vantaggio di tutti, mentre tollera gli inetti che lo impediscono.

Sono stato felice, orgoglioso e angosciato per la “fuga” del figlio; ora lo sono per il suo ritorno, preoccupato che la bella realtà che sta vivendo possa avere difficoltà, in un Paese come il nostro, ma anche per una generazione a cui la mia ha tolto sogni e speranze.

L’avevo detto… quella di mio figlio è una storia bella e inutile, forse anche per lui, cervello (e cuore) pronto a fuggire di nuovo…

V.L.

 

2 pensieri su “Il diritto di essere “normali”

    1. Hai davvero ragione i nostri figli in Italia non hanno il diritto di essere normali e fuggono all’estero dove riescono a trovare una collocazione, non tutti con posizioni eccellenti ma che li rendono autonomi e gratificati. Dopo anni di sacrifici negli studi e sogni di ricoprire degli incarichi prestigiosi, si accontentano di avere almeno una vita dignitosa che qui non avranno mai. Questo è molto triste per noi genitori che li perdiamo non per vederli ricchi e felici ma perchè almeno non perdano anche l’autostima.

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