Londra, un anno dopo

Lettera di mamma Danuppi

Forse può essere di aiuto per coloro che si affacciano all’esperienza di genitori di  cervelli in fuga sapere come si evolvono le vite dei nostri ragazzi all’estero. La mia esperienza riguarda Londra.

Il primo anno accettano di buon grado  di abitare in una residenza universitaria; non hanno ancora amici e non conoscono la città ma presto la situazione si ribalta. Familiarizzano velocemente con altri studenti di varie nazionalità e le affinità elettive si attivano senza barriere. Con entusiasmo vogliono sperimentare la coabitazione con gli amici più cari ed inizia una nuova avventura di home sharing.

Così è accaduto nuovamente che le abbiamo dato fiducia ed abbiamo consentito a nostra figlia di cercare una accomodation con altri quattro ragazzi. E’ andato tutto bene anche se la ricerca è stata lunga poiché avevano bisogno di una casa con cinque camere da letto che non fosse lontana dall’università SOAS.

A settembre l’abbiamo accompagnata a Londra ed abbiamo conosciuto gli amici/coinquilini ed il suo nuovo guscio.

Una classica casa a tre piani con giardinetto sul davanti e sul retro, una enorme cucina, tanta luce ed una immancabile bow-window nel salotto con camino (con un esborso quasi identico rispetto allo scorso anno).

Descritto il guscio passiamo ai coinquilini? Ragazzi provenienti da tutto il mondo da Hong Kong all’Africa, passando per la Croazia e per la Francia, intelligenti, motivati ed organizzati.

Così mi sono trovata a riflettere con mio marito sul fatto che questi figli sono cittadini del mondo ed hanno la spontaneità di avere fratelli senza frontiere, non conoscono pregiudizi e razzismo perché sperimentano ogni giorno che diversità è ricchezza.

Quanta tristezza mi assale quando al liceo di mio figlio (fratello della sorella senza frontiere) nello stesso momento vengono denunciati alcuni ragazzi per offese razziali. Capisco che la nostra è una società malata di schizofrenia: nella stessa famiglia una figlia che coabita con il mondo ed un fratello costretto ad ascoltare gli insulti rivolti ad una compagna perché nera ed ebrea.

Io sono certa che non si debbano criminalizzare i ragazzi ma tentare di capire perché ciò accade è doveroso. L’adolescente non può essere razzista; si tratta di una contraddizione in termini e se lo è, sconfitti sono gli adulti del paese che l’adolescente abita.

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