Sforzarsi di rispettare, rispettare e, ancora, rispettare

Lettera di mother Paola

Ho appena scoperto l’esistenza di questo blog sulla pagina Facebook di un’amica e sono molto contenta di partecipare, di mettere in comune l’esperienza.
Per me il peggio è passato, ma spero di poter rendermi un po’ utile ad altri genitori, dato che ormai mi considero una specie di veterana: infatti nostro figlio ha lasciato definitivamente l’Italia nel 2008. Per i primi quattro anni è stato relativamente facile, perché era in Inghilterra, un’ora sola di fuso orario ed il viaggio ‘da casa a casa’ non durava più di una giornata. Dopo la laurea si è trasferito di là dall’oceano, negli Stati Uniti: per ora costa Est, sei ore di fuso orario e ventiquattro ore secche di viaggio ‘da casa a casa’ ma progetta di stabilirsi nella costa Ovest e, quindi, le ore di fuso diventeranno nove e la durata del viaggio lieviterà.
Adesso non è più da solo: ha una compagna fantastica con cui convive felicemente mentre prima vivevano in due diversi Stati: due aerei all’andata e due al ritorno, e riuscivano a incontrarsi solo una volta ogni quattro settimane. Come dicevo prima, per noi il peggio è dietro le spalle.

La nostra cassetta degli attrezzi:

1) vi farà ridere ma per noi è assolutamente fondamentale che il computer di casa abbia lo schermo ottimo e grande (50 cm per 30 cm circa), per vedere con la maggior chiarezza possibile i dettagli: ebbene sì, anche se sono pallidi e hanno le occhiaie.

2) Sforzarsi di rispettare, rispettare e ancora rispettare.
Sono maggiorenni, dunque sono pienamente responsabili di sé ed esigono di
essere trattati da tali.
Costringersi a fare un passo indietro. Controllare la propria ansia, imparare a non assillare, niente iperprotettività: la mamma italica può essere (è!) un fardello insopportabile e non è un luogo comune. Imitare il loro padre che, in queste cose, è più bravo.
Non vogliono sentirsi il fiato sul collo. Vogliono fare le loro scelte, anche essere liberi di sbagliare, in completa autonomia e responsabilità. Impareranno dai loro errori, molto più che dalle nostre continue, estenuanti, esortazioni. Vogliono essere lasciati in pace: se non l’avessero voluto, sarebbero rimasti nel nido. Vogliono essere tranquilli che noi ci fidiamo di loro, in salute e perfino in malattia: devono essere tranquilli che, se capita, si possono anche ammalare e curare, lì, da soli, senza che noi, qua, ci facciamo venire uno sturbo e gli creiamo ulteriori problemi.
Non chiamare MAI, se non per effettiva necessità. Chiamano loro quando vogliono. Ma quando chiamano, bisogna mollare tutto ed esserci, essere lì con loro e per loro: testa, cuore, tutto quanto.

3) Scrivere loro email, una specie di cronaca delle vostre giornate, può aiutare le povere chiocce abbandonate, specie i primi tempi, quando, al ritorno dall’aeroporto, il vuoto è un baratro, una ferita sanguinante, e si sente che non ce la si potrà mai fare.

4) Mandare ogni tanto un pacco, di cose accumulate giorno per giorno: cibarie non deperibili, abiti, cosette varie, tutto ovviamente made in Italy. Anche questo aiuta i genitori orfani, li fa sentire un po’ meno soli.

Per ora non mi viene in mente null’altro.

Buona permanenza e buon mezzo cuore di là. :-)

mother Paola

8 pensieri su “Sforzarsi di rispettare, rispettare e, ancora, rispettare

  1. mamma paola sono un po’ nella tua stessa situazione: dopo 10 anni in Scozia il mio unico figlio sta per trasferirsi in America, Houston, io che odio viaggiare spero che lui abbia la possebilita di venire a casa qualche volte nell’anno. La Scozia era ancora fattibile per me ma l’America… Non è che non lo posso vedere su skype ma potersi abbracciare è un altra cosa.

  2. Grazie Paola,
    la mia è una figlia femmina che partirà per Boston in Agosto. farò tesoro dei tuoi consigli. Per ora ci sentiamo praticamente tutti i giorni su Whatsapp, lei mi scrive verso le sue 11 che per me è mezzanotte o forse più, trovandomi spesso intontita dal sonno, ma subito mi attivo per ascoltarla un po’.
    Vedremo quando i fusi saranno 6!

  3. Sono d’accordo con mamma Paola, lasciamo vivere i ns figli come desiderano, se hanno scelto questa strada sosteniamoli e aiutandoli quando LORO ce lo chiedono. Ancora più d’accordo sul quando chiamano…..lasciamo tutto quello che stiamo facendo e…..ascoltiamoli.

  4. Prenderei i punti 3 e 4 un po’ alla larga…io spedisco solo su richiesta e certamente non mando via mail il diario quotidiano, basta la telefonata -quando chiama lui – ogni tre quattro giorni…ma ognuno la pensa come gli pare

    1. Sono d’accordo con Maria Rita, specie con i maschi che hanno già una compagna/ moglie/mamma…
      Di passi indietro ne ho fatti molti più di uno! Aspetto che chiamino loro e devo dire che lo fanno abbastanza di rado, mando un whatsapp solo quando ho qualcosa di importante e soprattutto divertente da comunicare. Con le femmine è diverso..almeno per me! Chiacchierate quasi quotidiane su whatsapp. Credo non ci sia una regola, l’importante è che capiamo quando è ora di mettersi da parte..

    2. Certo, ognuno la pensa come gli pare, e poi il mondo è bello perchè è vario… :-) come si legge all’inizio, io ho solo raccontato la *mia* cassetta degli attrezzi, ho condiviso la mia esperienza, quella dei primi anni soprattutto, sperando di essere utile a qualcuno che ci sta passando o che ci sta per passare. Inoltre, se tuo figlio può permettersi di telefonarti ogni tre-quattro giorni è come se vivesse in Italia, il distacco lo senti pochino :-)

      1. Grazie mother Paola faro’ tesoro dei tuoi consigli e della tua cassetta degli attrezzi Ho il mio secondogenito da un anno in Olanda e purtroppo sono una mamma chioccia non ancora abituata alla lontananza. Grazie per aver condiviso la tua esperienza con tutte noi

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