Come in una centrifuga

Lettera di mamma Stefania

Quando è esplosa la crisi causata da SARS2-CoV2 io ero a Roma e mia figlia a Edimburgo, la città in cui si è trasferita per frequentare l’università, ormai quasi tre anni fa. Anzi, ero appena rientrata da Edimburgo dove avevo passato un weekend per andare a trovarla. Era già esploso il caso di Codogno ma non eravamo ancora in lockdown, si pensava che potesse essere un fenomeno circoscritto, non era ancora esplosa l’intera Lombardia, facendoci precipitare all’inferno.
All’inizio ero tranquilla, probabilmente ancora inconsapevole della gravità della situazione, poi, con il passare dei giorni, l’ansia ha iniziato a crescere.
Quando BoJo ha dichiarato che in UK si sarebbero affidati all’immunità di gregge, beh ho fatto come ne “l’aereo più pazzo del mondo”, “Ok, now panic!” e ci siamo attivati per far rientrare Alessandra a Roma.
Dal momento in cui abbiamo deciso insieme a lei che era il caso di rientrare all’istante in cui ha varcato la soglia di casa, è stato un inferno: lei era dispiaciuta di lasciare la sua vita lì ma aveva paura di trovarsi poi da sola in situazioni difficili, io riuscivo solo a immaginare gli scenari più foschi e volevo che solo che tornasse a casa, con il dolore lacerante di sradicarla dalla sua vita.
Una volta arrivata a casa è stato tutto più facile, ovviamente, anche se nessuno di noi immaginava che la situazione si sarebbe protratta così a lungo.
Ora stiamo tutti cercando di tenere insieme i pezzi di una vita che è stata messa in una centrifuga e non ha ancora smesso di girare. Lei studia e fa gli esami on line, noi continuiamo a lavorare, con la testa spesso altrove.
I pensieri e le preoccupazioni per il futuro non sono pochi e hanno a che fare con la salute, prima di tutto, e a seguire con il lavoro, con lo studio e con il futuro dei nostri figli, non necessariamente in quest’ordine.
Riavere Alessandra a casa è una gioia, ma si fa fatica a pensare che dovrà ripartire, che dovremo separarci di nuovo e che ci dovremo riabituare nuovamente alla sua partenza, alla sua vita a migliaia di chilometri da qui, in una situazione come questa.
Stavolta non riesco a immaginare come potrà essere la nostra vita di genitori a distanza.
Non avevo certo messo in conto la pandemia e non potevo immaginare che avrei dovuto convivere con una malattia contagiosa e potenzialmente mortale che può colpire chiunque.
Non ho idea di come questo cambierà la mia vita di mamma a distanza, di come imparerò a gestire un tipo di ansia con cui non potevo mai immaginare di dovermi confrontare e con la quale, temo, dovremo convivere a lungo.
Spero che lei e suoi amici siano assennati e responsabili, finora sono stati bravissimi nel rispettare le regole del lockdown, spero che continueranno ad esserlo anche dopo, quando dovremo in qualche modo riprendere la nostra vita.
Spero che arrivi presto un vaccino e che possiamo riprendere la nostra vita prima possibile.
Spero che arrivi presto una cura.
Spero che questo maledetto virus sparisca prima possibile.
Come tutti, spero nella buona sorte.

Stefania

8 pensieri su “Come in una centrifuga

  1. Mio figlio da quattro anni risiede a Londra. In questo periodo non si è mai mosso dall’UK. L’ultima volta che l’ho visto è stata alla fine di gennaio. Vive con la sua ragazza, anche lei italiana, in un appartamento e quindi in un contesto abbastanza sicuro. Ci vediamo solo grazie alle video chiamate e l’unica cosa che sono riuscita a fargli arrivare, tramite posta ordinaria, sono le mascherine. Dovrebbe tornare nel mese di luglio e, forse, per le ferie, nella seconda metà di agosto. Il condizionale è d’obbligo in quanto bisogna considerare anche le decisioni che prenderà il governo in merito alla quarantena per chi entra/rientra in territorio UK. Sarebbe un bel problema. Speriamo bene!!!!

  2. I miei sentimenti sono contrastanti, speranza, rabbia, rassegnazione ecc. Che nessuno mi venga più a dire “dai prendi l’aereo e li vai a trovare”. Rimane solo la realtà. Stefania a Madrid, Cesare con moglie e figlio, che ha appena compiuto un anno, a Milano.

  3. Certo che vivere a distanza sentimenti così forti è difficile. Mai avrei pensato di mettere al mondo figli per vederli col contagocce, ancora peggio avere nipotini da non poter coccolare e vedere crescere. Che vita triste, non poter correre da loro quando si vuole, quando c’è bisogno. Non poter essere con loro nelle gioie e nei dolori…poter partecipare alle piccole cose delle loro giornate, esserne parte attiva e non una faccia che appare per pochi attimi dietro un freddo schermo, che, per quanto tu possa cercare di renderlo caldo ed accogliente, non potrà mai essere paragonato ad un abbraccio caloroso, a delle labbra che si poggiano su un visino, a delle mani che afferrano altre manine. Ogni giorno penso a tutti questi momenti perduti, per me e per loro, e questo mi addolora profondamente. Maledetta Italia, non sono per nulla fiera di essere italiana. Una nazione che permette tutto questo non so come definirla. Scusate il mio sfogo, ma la pandemia ha accentuato ancora di più il mio dolore

  4. Condivido, siamo genitori di una ragazza ventenne che studia a Monaco di Baviera e che, fortunatamente è tornata pochi giorni prima che ci fosse la chiusura totale. Certamente è stato difficile per lei, abituata alla sua vita tra università e Studentenwerk ritrovarsi in una situazione simile, più semplice per noi. Ora il nostro pensiero va a quando, a breve, ritornerà a Monaco, alla possibilità di contagio residua e alla speranza che la sappia gestire. E noi qui, con le nostre paure e speranze che tutto vada per il meglio, per tutti.

  5. Mia figlia 21 anni, studia e lavora a Edimburgo ha fatto la quarantena con i suoi amici scozzesi, inglesi e portoghesi, in un appartamento in cinque . Tutti bravi a seguire le indicazioni del governo. In Scozia poi la situazione è stata ben diversa che a Londra. Sono stata in ansia la prima settimana , poi ho capito che quando hai un figlio che vive fuori casa , devi fare i conti con tutte le tue paure cercando di non trasmetterle. Sono già quasi tre anni che è lì, lo scorso anno si è anche ricoverata per appendicite , in ospedale sono stati gentilissimi e preparati, quindi partiva da una situazione di fiducia anche nel loro sistema sanitario. Tornerà in Italia a luglio sempre se non le cancelleranno il volo. La pandemia ha creato uno stato d’impotenza e paura per molti ovunque, ma la fiducia nella Scozia rimangono , un paese che ha dato molto a mia figlia.

    1. Siamo anche noi genitori, io il papà di un ragazzo di 20 anni che studia intelligenza artificiale all’University of Edinburgh.
      Capisco e condivido le preoccupazioni di tutti e lo siamo anche noi.
      Lui non è voluto tornare; attualmente è ancora ad Edinburgo, solo in casa (le sue due coinquiline sono tornate a casa a New York ed in Inghilterra) e fidanzata tornata a Singapore dopo essere rimasta bloccata in Danimarca dalla nonna. Che confusione per tutti!
      Quando ci ha comunicato la sua decisione non abbiamo potuto che condividere, nostro malgrado, il suo pensiero; non ritenne opportuno incrementare ulteriormente gli spostamenti in Europa per evitare il diffondersi del virus, oltre a dover completare dei lavori per l’università che aveva in corso.
      Confesso che, se anche non lo diamo a vedere, ci manca tantissimo e siamo ancora molto preoccupati. Ma guardiamo il bicchiere mezzo pieno: ha fatto un’esperienza che lo formerà e che ricorderà tutta la vita. Ha migliorato le sue doti culinarie lanciandosi in ricette anche complesse, ha imparato a vivere davvero “da solo” per un lungo periodo di tempo; ha migliorato le sue capacità nell’ingegnarsi in piccole riparazioni domestiche. Dobbiamo appoggiare, quando giuste, e loro scelte: solo così diventeranno presto indipendenti ed autosufficienti.
      Per noi resta la speranza di poterli andare a trovare finito il periodo con autoisolamento obbligatorio; incrociamo le dita sperando che non vengano inasprite le misure di sicurezza.

    2. care mamme questa pandemia ha fatto soffrire molto noi e i nostri figli lontani.
      Mio figlio vive a Londra con la moglie da oltre cinque anni e anch’io, come voi, ho solo la consolazione di vederli su Skype per pochi minuti al giorno.
      Sono perfettamente d’accordo con te Maria, i nostri ragazzi dopo aver studiato hanno dovuto lasciare la loro vita qui in Italia per lavorare all’estero.
      Vivo di ricordi e nell’attesa di riabbracciarli al piu presto.
      Scusate il mio sfogo ma so che mi capite .

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