Figli di….genitori in fuga!

Lettera di Papà Redskin.

Non è una facezia, nè un tentativo di sovvertire lo spirito che ha dato origine al Blog, ma soltanto la condizione che ha caratterizzato una porzione importante della vita dei miei figli. Questa condizione, che si è protratta per diversi anni, ha fatto si che accettassi (con mia moglie) come fatto previsto e ineluttabile la separazione di due dei nostri tre figli che hanno scelto di stabilire la propria residenza, con tutto ciò che ne consegue, nel Regno Unito. Invero, mi sembra esagerato parlare di separazione, quando si ha la possibilità di corrispondere per telefono o per video-conferenza, più volte al giorno, a costo zero, o quasi. Ai miei tempi (circa mezzo secolo fa) la comunicazione era prevalentemente, se non esclusivamente, epistolare, con tempi di attesa che, nei casi fortunati, si aggiravano intorno alla settimana. Quella dei miei figli non la considero una “fuga”, piuttosto, una scelta, ponderata e men che modestamente sofferta, di condizioni di vita e di lavoro più congeniali.

Invero, io mi considero un privilegiato perché, pur avendo trascorso più di 25 anni della mia vita produttiva, in un continuo andirivieni tra Italia, Israele, Regno Unito e Stati Uniti d’America, non sono mai “fuggito”, pur avendone avuto l’opportunità e, perché no, anche la forte tentazione. Cioè, ho avuto la fortuna di poter gestire la mobilità e il mio lavoro, nelle varie forme in cui esso si è artcolato, secondo le mie esigenze e scelte. Purtroppo questa non è più una condizione ripetibile.

La mobillità dei ricercatori è un fenomeno assolutamente fisiologico, presupposto indispensabile alla fertilizzazione crociata di culture e di tradizioni diverse. Se è vero che le proporzioni dell’emigrazione di cervelli italiani ha raggiunto livelli notevoli, in certi casi allarmanti, sarebbe altrettanto allarmante se questa tendenza si arrestasse perchè ciò metterebbe in discussione la qualità dei nostri giovani e il valore formativo della nostra Accademia.

Quindi, ben venga, la “esportazione” (piuttosto che la fuga) dei cervelli. Il problema serio del nostro Paese, è la unidirezionalità dei flussi verso Paesi più attraenti sul piano del lavoro e della ricerca e, in moltissimi casi, l’interruzione dei rapporti degli “emigrati” con la Scuola di provenienza. Sono soltanto rarissimi, e confinati soltanto a qualche settore professionale, tipicamente la Fisica e la Musica, in cui l’Italia mantiene una forte tradizione di eccellenza, i casi di giovani e non tanto giovani stranieri che aspirano a stabilirsi nel nostro Paese. Appare, evidente che il problema del nostro Paese non sia la “fuga” dei cervelli ma, piuttosto, l’incapacità di attrarre cervelli che potrebbero contribuire a rendere l’Italia un paese migliore.

Redskin

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *