I figli all’estero arricchiscono le nostre vite – 4. Viaggi

mamma Angie

Le mamme di cervelli in fuga diventano per forza e per amore delle viaggiatrici, specialmente col pensiero.
Io non so quante volte in una giornata parto, e col pensiero arrivo in quel puntino sulla carta geografica che mio figlio ci ha indicato dicendoci: “Io andrò qui”.  Un posto a noi sconosciuto nella lontanissima Australia, dove non siamo ancora andati. Ad ogni suo arrivo e partenza, il mio pensiero pieno di ansia, decolla, vola per quasi venti ore e atterra con lui. A causa del fuso orario, quando mi sveglio di notte, me lo immagino già indaffarato e a un certo punto del pomeriggio voglio pensarlo dormire tranquillo nel suo letto.
Poi però ci sono anche i viaggi veri: noi abbiamo cominciato dieci anni fa, quando studiava in Spagna, muovendoci da casa come non avevamo mai fatto prima.
Abbiamo vinto la paura del volo, superato le difficoltà del viaggio e della sua organizzazione, la fatica degli spostamenti e delle sistemazioni non sempre confortevoli. Siamo andati fra un suo ritorno e l’altro per non stare troppo lontani col piacere di riunire tutta la famiglia. Sono andata con mia sorella e due amiche facendo loro da cicerone e godendomi una piacevole, ma per me insolita esperienza. L’ultima volta sono andata per aiutare il mio figliolo col cuore a pezzi a raccogliere quello che restava della sua “altra vita”, come lui la definisce.
Attraverso i suoi racconti e le nostre visite, la città ci era diventata familiare: avere un figlio expat è l’ideale per scoprirla nei suoi aspetti meno turistici, vivendola un po’ da residenti.
Da quando mio figlio è in Australia non abbiamo comunque smesso di viaggiare, possiamo dire di avere un tour-operator in famiglia. Per poterci vedere lo seguiamo nei suoi viaggi per i congressi a cui partecipa. L’università australiana ha mandato negli ultimi due anni molti ricercatori in Europa, completamente spesati, così un cervello in fuga è tornato anche in una università italiana, ma per conto di un altro paese!
Questo è solo uno dei tanti modi con cui i nostri ragazzi ci trascinano a conoscere il mondo. Ho sentito di tanti genitori che escogitano tutte le maniere possibili per facilitare i loro incontri: genitori che per ridurre la distanza di entrambi, si trovano a metà strada, genitori che affrontano lunghi tragitti in macchina per veder un paio d’ore il proprio expat in aeroporto nello scalo fra la Cina e l’America, genitori che si consolano di avere una nuora di un paese dell’Est in modo da poter riunire li le rispettive famiglie, invece di andare fino in Giappone.
E’ vero più ci si allontana, più il mondo diventa piccolo, in cambio le mie conoscenze e la mia mentalità si sono ampliate, non riesco più a vedere lo straniero con gli stessi occhi, sono l mamma di uno straniero anch’io.
Al termine di ogni viaggio, come ad ogni suo ritorno, provo sempre la grandissima gioia di veder trasformare il mio pensiero di mesi, o addirittura un anno, nella presenza di un corpo amato finalmente da toccare, abbracciare e baciare. Dai suoi atteggiamenti, dalle sue espressioni svanisce il timore di trovarci davanti a una persona diversa. Anche se ci sembra stranamente più alto, anche se non ricorda più alcune parole in italiano, non è cambiato, tanto da far sempre esclamare a mio marito: “E’ ancora lui, è ancora lui!!”

Un pensiero su “I figli all’estero arricchiscono le nostre vite – 4. Viaggi

  1. Tutto quello che ha scritto fa parte anche della nostra vita, fatta di attese, partenze, videochiamate, immaginazione,fotografie, ricordi e tanto altro. Grazie, uno dei miei ragazzi abita in Paraguay (America Latina). L’altro a Livorno, lontano da noi anche lui ma ridicolamente vicino e sono gemelli! Siamo orgogliosi di loro.

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