I figli all’estero arricchiscono le nostre vite – 5. Esperienze culinarie

Lettera di mamma Angie

I nostri expat sono, in qualche modo, ambasciatori della nostra cucina nel mondo; altre volte, invece, sono loro che ci portano a casa quella di altri Paesi.
Ne ho avuto l’occasione a Natale, quando mio figlio è tornato per la prima volta dall’Australia con la sua ragazza. Lei e’ arrivata col suo splendido sorriso, con tutta la grazia delle donne orientali e la disinvoltura delle giovani di oggi, abituate a relazionarsi velocemente con tutti in qualsiasi luogo. Dopo pochi giorni, come ci aveva promesso, era già pronta a preparare per noi un pranzo malese, suo paese di origine. Io, dopo 40 anni di onorato e un pò obbligato servizio in cucina, per la prima volta ho ceduto molto volentieri i miei fornelli. Dopo aver individuato il negozio giusto, siamo andate insieme a fare la spesa, confidando di intenderci, viste le scarse reciproche conoscenze della lingua.

Dal piccolo ingresso, non mi era sembrato che potesse offrirci granchè, ma poi mi son dovuta ricredere perche’ era un vero rifornitissimo market. Nel giro di pochi minuti, ho avuto l’impressione di non essere più nella mia città. Mentre la mia chef si aggirava sicura fra le scansie, io mi sono persa incuriosita dalla merce esposta in un negozio in cui non sarei mai entrata. Ho notato subito all’entrata dei grossi sacchi di riso, e ho pensato a grandi famiglie, grandi consumi e mi sono chiesta dove io li avrei potuti conservare. Fra le verdure mi ha impressionato la lunghezza di certe radici, ricordandomi della fatica che facevo da bambina per tirare su dalla terra le carote. In bell’ordine sugli scaffali c’erano una miriade di vasi e barattoli di cui non riuscivo a individuarne il contenuto, c’erano sacchetti di alghe e funghi disidratati, dall’aspetto un poco inquietante, ma chissa’ in quali prelibatezze potevano trasformarsi. Le cose che conoscevo erano pochissime, ancor meno quelle che avevo mai cucinato, la curiosità per questo pranzo a sorpresa aumentava.

Giunte a casa, indossato il grembiule, mi sono messa a disposizione da brava cuoca in seconda, senza sapere quale sarebbe stato il risultato dello nostro spignattamento. La mia capa maneggiava con abilità lo scaldapasta convertito per l’occasione in wook e la pinza comprata e mai usata. Osservandola mi sono resa conto di come in cucina, al di là di prodotti, metodi e tempi, i gesti siano sempre uguali ovunque, si ripetono da sempre nonostante la robotizzazione domestica abbia aiutato. A giudicare dalla passione che metteva nel mostrarmi i passaggi delle preparazioni, ho capito che il mio expat non doveva certo avere troppa nostalgia per la cucina mediterranea.
La casa si riempiva di nuovi invitanti profumi, la tavola apparecchiata in modo tradizionale sembrava quasi stonata per ospitare portate insolite, molto curate e colorate. Naturalmente, bandito il vino, abbiamo pasteggiato a tè verde, era tutto molto buono e leggero, speziato al punto giusto, aveva avuto riguardo per il nostro palato non abituato al piccante.

E’ stata brava, ci ha fatto sentire suoi ospiti in casa nostra e ci ha fatto sognare di essere in un ristorante lontanissimo. Anche se non rifarò queste ricette, mi è rimasta l’opportunità di sperimentare con quello che è rimasto. Ho spaghetti di riso, noodle, olio di cocco, crema dolce all’uovo, tutto proveniente da vari paesi asiatici, riuscirò a utilizzarli ignorando il “km zero” ma evitando gli sprechi? Riuscirò a resistere alla tentazione di usare il parmigiano che noi lasciamo cadere su tutto come se piovesse? Dovrò tirar fuori un pò di fantasia e da questa “contaminazione culinaria” ne uscirà qualcosa di nuovo, e speriamo di buono!

Angie

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