Il leone ingabbiato: un genitore in quarantena psicologica

Lettera di mamma Carmela

Stamane qualcosa si è mosso.
Forse il leone ingabbiato dentro di me, il leone che una mente di genitore sta disperatamente cercando di tenere a bada mettendolo appunto in quarantena psicologica, costringendolo a non pensare, a radicarsi nel qui ed ora, ad aggrapparsi a quel poco di buono che c’è: sapere che i figli stanno lavorando da casa, notizie di farmaci in grado di arrestare l’epidemia, guariti, solidarietà, notizie che gli arrivano grazie all’encomiabile e infaticabile lavoro del blog delle “Mamme di cervelli in fuga” che si fa carico di traferire ogni informazione possibile.
Ma non gli è bastato, ha troppa fame.
L’immagine di Luca, il giovane cuoco italiano che si è spento a Londra nei giorni scorsi, rivedere il suo sorriso ecco questo non riesce proprio a tranquillizzarlo il mio leone. Ha fame, sete, sete di sapere, fame di notizie, fame di parole, ma parole nette, chiare, dette con la mente e con il cuore da parte di chi “può” e “deve”, del Governo, delle istituzioni.
Come un leone che va a caccia, anche il mio è uscito, ma era la caccia di un spiraglio di luce, l’ha intravisto, è entrato, approfittando di una pagina facebook di riferimento politico ha scritto, ha chiesto.
Ha chiesto alla istituzioni di questo paese cosa si aspetta.
In questo momento così difficile per tutti, dove la quarantena è resa ancora più tormentata per migliaia di famiglie che vivono con il terrore di avere figli all’estero, famiglie che sanno che è stato fatto divieto di esportare materiale sanitario, che sanno bene purtroppo che, nella malaugurata ipotesi di bisogno, non vi è possibilità di ricongiugimento familiare seppur temporaneo, cosa si aspetta?
Cosa si aspetta per rassicurare questo enorme capitale umano che l’Italia, suicidandosi, ha regalato alle altre nazioni?
Cosa si aspetta a fare una comunicazione, efficace e diretta, in cui venga detto a chiare lettere a tutti che l’Italia, la grande Italia, sta pensando anche a coloro che sono all’estero, preoccupandosi di fornire loro materiale sanitario necessario, magari creando ad hoc canali nelle ambasciate affinchè questi suoi figli sappiano di poter contare sulla loro nazione?
Dopo il povero Luca, cos’altro bisogna aspettare affinchè si dica espressamente: l’Italia è con voi. E vi supporterà per tutte le vostre esigenze informative, logistiche, malauguramente sanitarie.
L’Italia è con voi, ci assicureremo ogni giorno che questo immenso regalo che abbiamo fatto alle altre nazioni lo custodiremo, proteggeremo da tutte le intemperie della vita, a maggior ragione da questa intemperia globale.
L’Italia è con voi, lo diremo in tv, alla radio, alla stampa, affinchè possa raggiungere ogni famiglia, ogni genitore, ogni fratello, ogni sorella, ogni nonno, ogni figlio.
L’Italia è con voi, sarebbe un buon segnale in questo periodo di lotta muscolare in Europa dove ci si accaparra a custodire gelosamente i propri tesori, ma non vi è tesoro più grande del capitale umano italiano che si trova all’estero in questo momento e che sentendolo potrebbe anche essere tentato dal pensiero di ritornare in patria per servire il paese che ama.
L’Italia è con voi, sarebbe il vero, unico segnale di inversione di rotta di cui abbiamo disperatamente bisogno come cittadini italiani per immaginare di costruire un domani migliore per tutti.
L’Italia è con voi, ecco questo ha chiesto il mio leone ingabbiato per sentirsi sollevato da questo macigno che persino il più vecchio e forte dei leoni fa fatica a sopportare, soprattutto quando l’estate è lunga e la stagione delle piogge è molto lontana.

Carmela Bianco

4 pensieri su “Il leone ingabbiato: un genitore in quarantena psicologica

  1. Grazie Carmela per questa bellissima lettera e soprattutto per aver dato voce al “leone ingabbiato” che è in ognuna di noi.
    Due figli, uno a Londra, l’altro a Lisbona, rabbonisco il “leone” davanti al computer, acquistando improbabili assicurazioni sanitarie, mascherine introvabili.
    L’unico raggio di sole nelle mie giornate…una spesa online inviata Londra, una mascherina faticosamente acquistata in farmacia di Lisbona.
    È arrivato il momento che lo Sato si accorga della nostra sofferenza e faccia qualcosa, subito, per i nostri figli, costretti a lasciare questo paese in cambio della dignità di un lavoro, di una casa.

    1. Te lo raccomando lo Stato. Non fornisce le mascherine ai nostri medici, al personale sanitario, ai poliziotti e ai volontari, credi che pensi ai nostri figli? Non vogliono i cervelli in Italia e adesso che se la fanno sotto perchè in questo caso il Dio Denaro non esiste, forse si accorgeranno delle scelte che hanno fatto.

  2. Come ti capisco; se prima lo sentivo una volta al giorno, ora sono attaccata al
    telefono e ringrazio la tecnologia che mi permette di vederlo dall’altra parte
    del mondo…e la paura è dentro, ci vivi, ci dormi forse!
    E a volte manca il respiro se pensi al peggio…

    1. Il mio stato d’animo è quello della leonessa che si aggrappa con gli artigli e con i denti a difendere il suo cucciolo che nonostante la giovane età di ventisei anni è già andato fuori il suo nido e ha imparato a conoscere il mondo.
      DA Londra all’Africa per lavoro come ingegnere a progettare impianti per portare l’energia in quei paesi in via di sviluppo… e con le notizie che arrivano dai TG non sono affatto tranquillizzanti.
      E’ vero, cerco di soffocare l’apprensione e mettere in quarantena le mie paure e i miei timori, ma il cuore di una mamma è sempre lì con il pensiero e anche con il portafoglio che invia cibo perché gli scaffali dei supermercati sono vuoti e mascherine introvabili.
      Il governo italiano non fa nulla per questi figli all’estero se non avere organizzato voli speciali per fare rimpatriare gli studenti su voli aerei nazionali come carri bestiame (foto di facebook).
      Invece, per quei ragazzi iscritti all’AIRE cosa fa? nulla eccetto che numeri del consolato a cui nessuno risponde per ottenere informazioni, ma in concreto lo Stato italiano cosa fa? il Sistema sanitario inglese è disorganizzato e senza dispositivi e mascherine. Il mio per fortuna si è approvvigionato e responsabilmente sta chiuso nella stanza in affitto e non esce se non lo stretto indispensabile. Non ha voluto rimpatriare per paura di contagiarsi e di contagiare i suoi genitori, nonché sull’incertezza che regna se la società riaprirà o meno avendolo messo in smart working.
      Perciò confido nella dea bendata che possa assistere questi ragazzi in fuga perché lo Stato Italiano gli avrebbe assicurato una volta laureato in ingegneria solo un impiego di stagista, sotto pagato, salvo avere una presentazione di qualche Santo in paradiso che la famiglia di mio figlio non ha….mentre lì a Londra sta ottenendo significative gratificazioni in termini di awards ed economici.

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