Prenditi cura di te, piccola mia

foto minicapilli 1

lettera di mamma Barbara

Il giorno è arrivato. Un clima perfetto. Un sole caldo, con una luce che riempie ogni angolo della campagna, non c’è vento, i colori sono quelli che ami tu. Il verde degli alberi, l’azzurro del cielo e i vasi con le piante grasse che tu hai piantato e coltivato. I tuoi vasi di ortensie…i peperoncini messi da te al sole ad essiccare….e questo profumo pulito della campagna che hai respirato profondamente ogni mattina alzandoti e uscendo all’aperto con il tuo pigiama e i capelli lunghi ricci e scompigliati. Ieri mi hai detto: “sono stata molto bene”.  Avevamo preparato questa casa di campagna per te, io e papà. Deciso di ristrutturarla per te. Ogni angolo di questa casa è stato fatto immaginando che a te sarebbe piaciuto…ogni mobile, ogni oggetto scelto guardandolo con i tuoi occhi. E con ansia, impazienza, entusiasmo ti abbiamo accompagnata nella tua nuova casa di campagna, sperando che sarebbe stata per te un rifugio sereno e lontano dal caos, dai rumori, dallo smog della enorme metropoli in cui studi… Così è stato. Sei arrivata anche tu con grande gioia…la nostra cagnetta ti è corsa incontro felice, l’hai coccolata, abbracciata, stretta a te. Anche lei fa parte della nostra famiglia e della nostra vita. Poi hai attraversato il cancello e hai sorriso chiudendo gli occhi. Quel sorriso che noi conosciamo bene. Un sorriso di sollievo, felicità, gratitudine. Perché tu hai sempre saputo che era dedicato a te questo spazio. Sapevi già che per un anno io e papà avevamo sognato una lunga estate trascorsa insieme, noi tre, con il canto degli uccelli che accompagnano le nostre giornate sino a sera tardi, i profumi dei nostri fiori, l’abbaiare dei cani…la volpe che di tanto in tanto ci viene a trovare, i gatti e i conigli e le tortore che la cagnetta rincorre invano abbaiando disperatamente…

Fai la valigia, riponi con ordine ogni vestito che immagini potrai indossare e man mano l’armadio, i cassetti, il bagno cominciano a perdere le tracce di te. Piano piano prendiamo consapevolezza che quella valigia non contiene solo oggetti ma contiene la tua presenza che sta per svanire. Ti guardo, sei contenta di partire, questo paese non è più il tuo paese, ti annoi, passi troppo tempo da sola, parli al telefono con i tuoi amici lontani, ti vedo sorridere all’idea di rivederli e di tornare in una città che può offrirti quello che piace a te. Mostre, cinema, musica, arte, luoghi vivi e in continuo fermento. Nuove amicizie. Come non capirti?

È tutto pronto. Entriamo in macchina per raggiungere l’aeroporto. Io e papà, con il cuore a pezzi, cerchiamo di camuffare un dolore lancinante, una tristezza infinita a cui mai potremo abituarci. Parliamo del più e del meno. Fingiamo serenità. Ti accompagniamo al check-in. Ti osserviamo nei tuoi movimenti ormai sicuri di donna che è diventata una cittadina del mondo. Sei bella. Sei molto bella. Con la tua semplicità, la tua carnagione perfetta sempre acqua e sapone, i tuoi capelli lunghi e ricci legati appena da un elastico che li lascia cadere di lato. Sei elegante nei modi, con la schiena sempre dritta, nel tuo modo di porgerti in maniera gentile e sorridente. Da piccola ti ripetevo: portamento eleganza e armonia. E adesso sei proprio cosi, figlia mia. “Portamento eleganza e armonia”. Non posso che essere fiera di questa figlia. I tuoi studi ti hanno aiutato ad essere una donna sicura. Quando parli dei saggi che hai scritto o stai scrivendo attorno a te si crea silenzio, incredulità, stupore, approvazione, meraviglia, stima. Siamo davvero fieri di te. Non potremmo esserlo di più.

L’ultimo saluto, l’ultimo abbraccio, l’ultimo bacio prima di partire è un dolore che grida. Ma grida in silenzio. Dentro il cuore mio e di papà. Ti salutiamo sorridendo. Papà, come sempre, ti dice “stai attenta” e io “abbi cura di te, piccola mia”. Cosa rimane dopo che vai via? Non so dirlo. Io non provo più niente. Mi sento vuota. Mi gira la testa. Ci abbracciamo io e papà. Due anziani genitori che devono rinunciare all’unica vera ragione della loro vita. Non ci guardiamo nemmeno negli occhi. Ci prendiamo per mano e camminiamo molto lentamente…e ci chiediamo. E ora? Ce la faremo? Tornare a casa senza te è tremendo. In ogni angolo della casa e della campagna ci sei tu. Entro nella tua stanza e accarezzo le poche cose che hai lasciato. Assaporo il tuo profumo nelle tue lenzuola.

Nessuna voglia di sederci a tavola per mangiare. Solo tanto silenzio. Ci abitueremo, pensiamo. Come abbiamo fatto altre volte. Vivremo pensando a quando ci rivedremo. Purché tu sia felice, serena, abbia una vita che ti piace, studi ciò che ti appassiona, trovi un compagno che ti ami, ti stimi e ti rispetti e che sia il tuo più grande amico. Non vogliamo che tu resti sola. Anche se noi saremo sempre qui. Aspettiamo ogni tua telefonata e ogni tuo sms. Viviamo per ciò che ci racconti. Viviamo nella speranza di sentirti sempre vicina a noi e a tutta la nostra famiglia.

Barbara

6 pensieri su “Prenditi cura di te, piccola mia

  1. Grazie Barbara per il tuo bel racconto! Anche io mi sono commossa nel leggerlo. Quel misto di orgoglio e profonda sofferenza che accomuna tutte noi mamme di giovani expats e’ reso con grazia, tenerezza e riserbo. Ma lo strazio del cuore emerge perfettamente dai suoi toni pacati. Mi sono rivista in tutti i momenti che accompagnano gli sporadici ritorni a casa di mio figlio da oltre oceano: la trepidazione dell’attesa, il provare a rendere la casa piu’ accogliente, a cucinare il suo piatto preferito, a comprargli qualcosa che davvero gli piaccia. E poi quei pochi giorni insieme che volano per me, e per lui invece sono gia’ quasi troppi, perche’ questa citta’ ormai non e’ piu’ il suo mondo. Per finire con quel viaggio un po’ silenzioso fino all’aeroporto, e lo sforzo immenso per salutarlo con un sorriso e trattenere le lacrime. Almeno fino a dopo l’ultimo gesto di saluto.
    Poi non c’e’ nessuno con cui tornare a casa, con cui condividere il primo pasto dopo la partenza, seppur in silenzio. Per me e’ sempre il momento peggiore. Poi pian piano si rientra nella routine, si ricomincia l’attesa di un messaggio, di una telefonata, del prossimo incontro.
    E’ difficile, ma il sapere che la distanza e’ il prezzo da pagare per la loro piena realizzazione aiuta. E certo aiuta sentire la vicinanza emotiva di altre mamme e papa’ che vivono la tua stessa situazione. Grazie ancora a Barbara, e grazie per questo blog. E’ davvero un’ottima idea! Un abbraccio a tutte voi.
    Raffaella

  2. Le lacrime che scendono sul mio viso non mi hanno impedito di leggere tutto di un fiato questo racconto, tutte le sensazioni e le emozioni che mi ha trasmesso sono le mie. Il mio secondogenito e’ in Olanda da due anni e ancora sono qui con la nostalgia che mi accompagna ogni giorno senza lasciarmi mai. Lui sta bene, lavora, vive con la sua ragazza che da poco lo ha raggiunto, sono un gruppo, una piccola comunita’ di ragazzi partiti a scaglioni per lasciare il bel Paese.
    Il 15 di novembre torna a casa una settimana che volera’ come il vento… il vento del Nord che me lo portera’ di nuovo via.

  3. Le lacrime mi sono scese copiose mentre stavo leggendo, eppure sono in un buon momento della mia vita: sto tornando, con mio marito, da una bella vacanza in Puglia. I miei due figli sono tutti e due all’estero, uno anche molto lontano. Le due nipoti sono dall’altra parte del mondo. La nostalgia mi logora.

  4. Cara Barbara,
    Mio figlio,unico, è fuori dal 2014. Oggi è sposato e abbiamo due bei nipotini che vediamo 4 volte l’anno. Che dirti? Quando è andato via io credevo fosse per poco ma poi ho capito che fare l’ingegnere a Francoforte non era come lavorare qui. Ma non mi rassegno, prima o poi credo che torneranno. Almeno lo spero. Hai tutta la mia comprensione,ti saluto
    Ivana

  5. Sottoscrivo ogni parola, ogni virgola, ogni pausa. Tutto il dolore che trapela fra le righe di questa lettera lo condivido totalmente, con l’unica differenza che nel mio caso si tratta di un figlio maschio. Nostro unico figlio. Un dolore che non passerà mai.

  6. Una realtà di tante mamme e papà che strugge il cuore che non da pace …Ma i nostri figli sono del mondoe niente può fermare il loro coraggio, le loro passioni e la loro carriera. A noi tocca solo restare in attesa di una telefonata o guardare l’orologio facendo i conti con il fuso che nel mio caso sono 12 ore. Si, il giorno qua e la notte là. Lo vedo dormire e lo penso al lavoro, poi una telefonata con WhatsApp.
    “Mamma ho bisogno di sentire la tua voce”, “ho bisogno delle tue parole”….
    Certo, ti devi inventare che hai mal di gola e il raffreddore perchè la voce è rotta dalle lacrime ma il tuo bambino ormai “uomo” ha bisogno di te. Tu che sei alla fine del mondo…che ti prendo in giro dicendoti che la prossima tappa potrebbe essere il Polo Sud.
    La mia speranza è sperare in un tuo ritorno….avere ancora la forza nelle braccia per poterti stringere forte e dirti “ti amo, figlio mio”.

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