Riti preziosi

Anna Rocco

Lettera di mamma Anna

…e sei ripartito, lasciando il solito vuoto e il solito benedetto casino da rimettere a posto.
Ieri sera il nostro rito dell’ultima sera: all you can eat giapponese di cui siamo golosi (mi fa un effetto quando al momento di pagare mi sposti con dolcezza la mano per porgere la tua carta di credito, segno che sei diventato grande!) e poi film in pigiama sul divano. Noi due.
Quando invece parto io da Londra il rito prevede una piccola variazione: take away cinese ma comunque sempre rigorosamente in pigiama guardando un film. Questi sono i nostri riti, preziosi.
Il tragitto a Malpensa è un altro momento prezioso. Sì, lo so, potresti prendere il Malpensa Express che è così comodo, ma non so perché questi 40 km in macchina sono quelli in cui mi parli a raffica, più del solito che già non è poco. E anche a questo non rinuncerei per niente al mondo.
Ti saluto cercando di camuffare la lacrima, mi rispondi con un abbraccio gigante.
Questa volta è un po’ più dura delle altre: a 60 anni inizio l’anno con un cambio di lavoro e sentimentale (sob!). Tu lo sai, senti le mie preoccupazioni e mi iscrivi a un corso di fotografia (per Natale mi hai regalato una Reflex stupenda) in modo che io sia ben impegnata e mi prescrivi anche i compiti a casa. Sei incredibile, riesci a cogliere ciò che mi passa dentro nelle minime sfumature anche a distanza o quasi captando solo il mio respiro!
Ok, buon volo tesoro, ci vediamo per Carnevale, forse.
Tu passi i controlli e io vado a stordirmi tra la folla di Primark prima di tornare a casa, mettere a posto e iniziare questa mia nuova vita!

Anna

3 pensieri su “Riti preziosi

  1. I nostri figli, che non sono nostri, non hanno scelto tra famiglia o carriera, hanno scelto il lavoro, la loro indipendenza, la loro vita…
    Sono la mamma di un ragazzo che 4 anni fa rimasto senza lavoro, ha accettato un offerta all’estero (Svezia)… è diventato uomo. È stata dura vederlo andar via, non mi abituerò mai vederlo partire ogni volta, spererò sempre che torni per restare ma non glielo chiederò mai perché lo vedo realizzato, sereno… è la sua vita.

  2. Buongiorno Anna,
    Ho 10 anni più di te e sono 17 anni che lotto sperando che con il tempo mi faccia meno male quel vuoto di cui tu parli. Mio figlio vive e lavora negli Stati Uniti, dopo varie peregrinazioni in Europa. Durante questi anni ho sempre sperato che si fermasse in Italia, ma al contrario, si è sempre più allontanato. Anch’io mi sono chiesta tante volte se ho sbagliato qualcosa nell’impostazione educativa dal momento che il valore della famiglia e delle radici, che noi italiani esaltiamo, per lui evidentemente è passato in seconda linea dopo al valore della carriera e di ciò che ne consegue.
    Non smetterò mai di rattristarmi ogni volta che penso ai miei nipoti che cantano l’inno Americano, (con tutto il rispetto per gli americani), che frequentano le loro scuole e non hanno, per il momento, la possibilità di studiare la nostra storia, la nostra letteratura, la nostra Arte. Questo mi fa molto soffrire.
    L’unica conclusione è la seguente: questa e’ la vita che mio figlio ha scelto per lui e la sua famiglia.
    Noi dobbiamo pensare ad una vita nostra. Pare sia giusto così .
    Anna, ti faccio tanti auguri per il nuovo anno, per TUTTO.
    Un grande abbraccio
    Daniela

    1. Ah, Daniela, quanta amarezza nella tua lettera. Tuo figlio non ha scelto la carriera invece della famiglia. Ha scelto una vita in cui (spero) si sente felice e realizzato, cose che non ha trovato nel suo Paese. Non è colpa tua, non è colpa sua, non è manco colpa del Paese. Semplicemente, è successo. Il valore di “avere radici” non significa piantarsi nello stesso posto, che si sia felici o meno. “Avere radici” vuol dire ricordarsi da dove si viene, portare con sè i valori che si ritengono importanti, sapere che ci sono persone che ti amano e sostengono. Queste sono le radici sane su cui un albero può crescere forte. I tuoi nipoti sono fortunati a poter contare su due ceppi di provenienza, quello italiano e quello americano. Avranno tempo e modo, se lo vorranno, di studiare la parte italiana del loro retaggio. Smetti di recriminare, e pensa che mettiamo al mondo figli perché vogliamo dare a un altro essere umano la possibilità di vivere la vita che lo renderà felice. Non quella che vorremmo noi. E già che ci sei, perché non andare tu a trovarli? O stabilire un rito settimanale con i nipotini: una chiamata Skype in cui parlate, un pacco di foto da inviare. Per tenersi in contatto e annaffiare queste radici, di modi ne hai. L’amarezza e la delusione sono un veleno. Liberatene, o saranno quelle a distruggere l’albero. Un abbraccio.

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