Una via senza ritorno

Lettera di mamma Rosa.

Ho cominciato a piangere più di 4 anni fa, quando mia figlia è partita per Salamanca con un contratto di ricerca.
Piangevo ma ero contenta, perché lei stava lavorando per il suo futuro, per fare un lavoro che le piaceva, la gratificava, non come era successo a me, che ho sempre subito un lavoro frustrante!
Piangevo, ero assalita continuamente dalle paure e dalle ansie. Ma andavo avanti, ogni ritorno era una festa, ogni andata era una vacanza. Mi dicevo forse finirà e tornerà in Italia piena di titoli!
Poi a marzo del 2015 mi dice: ” Mamma, Papà è in casa?” Le rispondo di no, e che era ancora a scuola. “Allora stasera, quando ci sentiamo su Skype devo darvi una bella notizia”.
Silenzio, paura, gioia, dubbio, perdita di stabilità. C’era tutto nel mio cervello. Nella mia anima, ancora di più.
Eppure ho pensato nitidamente ad una sola cosa: è incinta! 32 anni, aveva conosciuto un giovane spagnolo più giovane di lei. Lo avevamo incontrato. Bello, dolce, sorridente. Così era.
Raccontare quello che è successo in questi due anni scarsi sarebbe troppo. Non si è sposata, è tornata licenziandosi dal laboratorio in cui lavorava. E’ tornata a Napoli con la pancina più bella del mondo. Dopo poco è arrivato lui. Ho vissuto le emozioni più grandi della mia vita assistendola nel parto, vivendo tutti i momenti più belli di questa nuova vita venuta al mondo. Ogni giorno, ogni secondo, ogni gioia, ogni preoccupazione. Il profumo di un neonato in casa è meraviglioso.
Poi si rompe tutto. “Mamma, rimanere a Napoli no, abbiamo trovato lavoro a Barcellona!” A fine gennaio è partita.
Io sono a casa, disperata, arrabbiata, delusa. Ho lasciato il lavoro con la pensione più scadente del mondo, con la speranza di attirarla qui proponendomi come baby sitter. Ma è stato tutto inutile. E, se possibile, piango più di prima; perché ora non c’è speranza di ritorno. Il mio bambolotto di 15 mesi andrà all’asilo senza la nonna, parlerà spagnolo, ed io non avrò più niente. L’estero non ti prende i figli solo fisicamente, ma anche la loro testa, il loro cuore. Mentre scrivo piango e mi dico: “Stavolta non ne esci Rosa. Questa è una via senza ritorno.”

21 pensieri su “Una via senza ritorno

  1. Sto vivendo adesso una situazione simile. Mia figlia è andata a studiare in un’altra città, ma lei era schiva, insofferente e il suo distacco non è stato molto traumatico. Adesso mio figlio la sta raggiungendo e sono stata proprio io a spingerlo a trovare un buon lavoro fuori, visto che al sud le condizioni non sono delle migliori. Il giorno della partenza si avvicina e quando sono sola piango disperatamente perché è finita “un’epoca” per me. Vedevamo insieme serie TV e film nei momenti liberi, cucinavamo insieme ogni volta che potevamo e chiacchieravamo tanto. Ovvio che sarebbe finito tutto prima o poi, ma vivere questa fine mi sta dando un duro colpo al cuore. Mio marito mi sostiene e ho diecimila problemi da affrontare, lavoro più di quanto dovrei e riesco a distrarmi, ma quando sono sola piango e sento il cuore andare in frantumi. Sono entrambi molto indipendenti e so che li sentirò poco e forse li vedrò anche poco in futuro. Mentre mia figlia ha sempre voluto trasferirsi al nord, mio figlio lo fa solo per trovare migliori condizioni lavorative e questa consapevolezza mi addolora ancora di più. Odio la società che abbiamo creato, mastica e consuma tutto e non posso neanche esternare più di tanto quello che provo perché è fin troppo facile trovarsi con un dito puntato addosso: ormai provare sentimenti che non siano “socialmente”approvati, provoca reazioni di sdegno…

  2. Carissima Rosa,
    i figli non sono nostri. Devono avere la possibilità di provare, sperimentare e sbagliare finché non troveranno la loro strada. Noi possiamo accompagnarli fino ad un certo punto ma poi, dobbiamo lasciarli andare per il loro bene. Se siamo troppo appiccicati non daremo mai loro la possibilità di rapportarsi con il mondo vero, perché avranno sempre una velata protezione che non gli permetterà di crescere.
    Noi genitori, saremo sempre il loro porto sicuro quando torneranno con la “coda fra le gambe” e dire loro “te l’avevo detto” è la cosa più sbagliata che potremmo fare.
    I sensi di colpa non servono a niente, se non coltivare persone insicure.
    Noi genitori dobbiamo essere il loro punto di riferimento ed il loro porto sicuro dopo una sconfitta o una delusione o semplicemente in ristoro dove riposarsi da un successo. Dipende. Il nostro compito si limita ad aprirgli le vie in base alla scelta che faranno. Poi starà a loro scegliere, non devono essere condizionati da noi, per quanta ragione (o torto) possiamo avere. Fare la mamma è il compito più difficile che ci sia mai stato assegnato e ne dobbiamo essere all’altezza, anche se significa sacrificio e malinconia, preoccupazione o tristezza.
    I nostri figli sono meravigliosi. In più se sono “Cervelli in fuga”…. maggior ragione vadano a trovare chi li merita e non chi li raccomanda.
    Con affetto

  3. Carissime tutte, è un conforto per me sapere che non sono sola ….che non sono l’unica mamma al mondo che piange tutti i giorni per la mancanza delle mie figlie. Esse studiano in altre città , in Italia per fortuna, e ci vediamo poco. È molto triste per me non vivere la loro quotidianità come prima, non fare la spesa per loro, cucinare per loro, uscire con loro, dar loro il bacio della buonanotte. Forse non dovrei dirlo ma senza di loro la mia vita non ha più senso. Inoltre sono divorziata e la solitudine mi pesa moltissimo. Ho provato a pensare a me stessa, lavoro, mi sono iscritta ad una scuola di canto che è sempre stato un mio desiderio, ma la sera, quando torno a casa e la trovo buia e vuota, mi metto a piangere e mi rendo conto che quello che faccio serve solo a placare per un po’ la malinconia, la tristezza e l’angoscia per essere rimasta da sola. Sono orgogliosa delle mie figlie, sono bravissime, si stanno costruendo un brillante avvenire, sono contenta delle loro scelte, ma io, senza di loro, non vivo. Capisco tantissimo Rosa, capisco il suo desiderio di fare la nonna, capisco benissimo la sua tristezza. Forse sono sbagliata, esagerata, la classica mamma italiana chioccia che vorrebbe sempre le sue figlie vicine, per proteggerle, accudirle e condividere tutto con loro. Ma questo non è possibile…perché i figli crescono, fanno le loro scelte e se decidono di andare in un’altra città per studiare o lavorare vuol dire che noi mamme siamo state brave, abbiamo dato loro ali abbastanza forti per volare, e di questo dobbiamo sentirci orgogliose. Ma la ragione dice una cosa ed il cuore…un’altra. Mi fa piacere condividere tutto questo con voi, spero di ricevere una risposta. Un abbraccio a tutte.

  4. Condivido tutte, chi dice una cosa è chi dice il contrario. E’ tutto giusto ma, per me, con due figli all’altro capo del mondo, con le loro difficoltà, già ormai da 11 anni il primo e 7 anni l’altra, hanno lasciato un vuoto immenso che aumenta anno dopo anno con l’avanzare dell’eta’ e che, pur vivendo la propria vita, sembra sempre che manchi qualcosa. La lontananza porta a perdersi, lentamente. Oggi non so se ho fatto bene a spingerli ad andarsene e non so nemmeno se l’educaazione molto libera che gli ho dato sia stata quella giusta. Scusate il pessimismo.

  5. Rosa,
    hai visto su quante amiche puoi contare? da quelle piu’ tenere a quelle piu’ severe, tante mamme si sono mobilitate per starti vicino.
    Ora tocca a me: anche io ho pianto disperatamente ma non quando mio figlio e’ partito la prima volta; sai quando ho pianto? Ero andata a trovarlo all’epoca in cui studiava negli Stati Uniti e avevamo passato un bellissimo weekend insieme a New York. Poi e’ arrivato il giorno della mia partenza per l’Italia; ci siamo salutati al terminal degli autobus, lui avrebbre preso il bus per tornare nella sua cittadina universitaria, io lo shuttle per l’aeroporto. E nello shuttle ho pianto per un’ora e mezza di fila, ho smesso solo al controllo passaporti. Ho pianto anche in altre occasioni ma te lo racconto la prossima volta.

    1. Racconta Brunella e stammi vicino! aiutami a ritrovare me stessa come hai fatto tu! Se puoi anche praticamente. Io sono stata a Barcellona da mia figlia, il suo compagno e il mio nipotino. Non mi è piaciuto quello che ho visto. Ma forse anche se avessi visto l’oro non mi sarebbe piaciuto! Grazie

  6. Grazie Luxing anche io lo faccio!

    Trieste, non ci sono mai stata. Mio padre ci andava spesso per lavoro e diceva che era una città bellissima. E’ vero siamo molto diversi. Forse era anche nei tuoi desideri Patrizia, andare via. chissà! Però estremizzando il discorso mi dico: ma se tutti se ne vanno chi rimarrà nel nostro paese? Qui c’è molto da cambiare e ricostruire e se vediamo l’estero come il paese dei balocchi per i nostri figli che sarà del nostro Paese? Io il mio l’ho già fatto quasi tutto. Poco: ho solo lavorato onestamente, pensavo bastasse….Un abbraccio affettuoso a tutte.

    1. Cara Rosa, come ti capisco!! Anche io ho pianto tanto, ma un pò di nascosto perchè l’idea è stata mia di mandare la mia bambina lontano! L’ho mandata a studiare a Londra a soli 19 anni, ora sono quasi 3 anni che abita là e francamente spero proprio che non torni indietro ( e per fortuna lei é della stessa idea). Mi manca da morire: io e lei avevamo un feeling speciale e stavamo tanto insieme e vicine. Mi sento sola senza di lei anche se c’è mio figlio più piccolo…. Ma stiamo creando un’unione diversa, ci stiamo abituando e stiamo cambiando: intanto l’amore ci sostiene e si rafforza! Quando sei tanto triste pensa che lei sta bene, che qui non avrebbe trovato quello che cercava e forse il suo futuro non sarebbe stato soddisfacente. Quando puoi corri da lei, da loro, e vedrai che vedendoli felici tornerà il sorriso!

  7. Ma chi l’ha detto che non ti godrai il tuo nipotino? I miei stanno dall’altra parte del mondo, ma tra Whatsapp, skype e visite intensive sono affezionatissimi a noi!

  8. Grazie anche a Patrizia e Piera. Un pò dure ma efficaci. Solo dico loro: scrivere su questo blog e piangere, è un modo di chiedere aiuto. Io ho chiesto aiuto mettendo a nudo me stessa. Certo che i figli sono autonomi ma anche il senso di famiglia e di sostegno l’un l’altro ha il suo valore. Se non fossi stata una mamma rispettosa delle libertà, mia figlia non avrebbe girato il mondo già da molto giovane!. Penso però che se ci fosse stata la possibilità di darle un sostegno e un appoggio concreto nello sviluppo della SUA famiglia, mi avrebbe fatto piacere. Amore è anche permettere ad un bimbo piccolo di crescere con i giusti tempi e con pochi traumi. Io non ho potuto avere l’aiuto di una madre quando lavoravo e avevo avuto mia figlia.Ora io avrei potuto fare qualcosa in più per il mio nipotino, questo è tutto. Sappi Patrizia che io con lei non piango e se cerca conforto glielo do senza colpevolizzarla. Continua a postare. Io volevo solo condividere il mio dispiacere e perchè no, sentire pareri diversi. Se voi, Patrizia e Piera siete in grado di aiutare, con il vostro esempio, fatelo e non puntate solo il dito. Anche questo è solidarietà tra donne. Io ho 60 anni ed ho creduto alla solidarietà tra donne. Io sono di Napoli e voi?

    1. Io sono di Trieste e sicuramente noi abbiamo una mentalità molto diversa da voi di Napoli e del sud in generale. Siamo piu “austroungarici” e forse per questo mio figlio si trova molto meglio nel nord Europa. Credo Rosa che tuo nipote avrà più possibilità di crearsi una vita migliore all’estero piuttosto che in Italia e Napoli non è poi così lontana dalla Spagna. Forse sono stata dura, ma ho visto direttamente quanti danni possono essere prodotti da mamme o in genere genitori troppo protettivi ed incapaci di tagliare al momento giusto il cordone ombelicale. Vedo che hai già centrato il problema, quando dici che il tuo sbaglio è stato di vivere (e rinunciare) in funzione di tua figlia. Questo ti ha reso ora smarrita e incapace di ritrovare il senso della tua vita e avrebbe potuto pesare anche su tua figlia, ma da quello che racconti penso che lei sia autonoma e libera. Posso solo associarmi ai consigli che hai già ricevuto, cioè di trovare qualche attività per te, qualche interesse che esuli dalla famiglia e ti gratifichi. Noi siamo persone prima che mamme, mogli o quant’altro.

  9. Mi dispiace, ma io sono controcorrente. Mio figlio vive da più di tre anni in Germania. Non ha nemmeno provato a cercare lavoro qua dopo la laurea, aveva già in testa il mondo tedesco. così è partito e noi lo abbiamo sempre sostenuto. Voi mamme che piangete come se la vostra vita fosse finita mi fate davvero innervosire. Avete mai letto la poesia di Khalil Gibran “I figli”? Lì c’è tutto il senso e la saggezza della vita. Certo c’è l’iniziale tristezza del distacco dopo tanti anni assieme, ma avete mai pensato che la parte più dura la vivono i vostri/nostri figli sulla loro pelle? Arrivare in un paese straniero magari conoscendo poco la lingua, essendo visto come un estraneo, senza alcun appoggio ed aiuto vi sembra facile? Invece piangete su voi stesse, perchè non potete più coccolare il vostro tesoro come se avesse due anni e anche vi arrabbiate se prima vi illude di tornare e poi decide che avrà una vita migliore all’estero, così lo fate pure sentire in colpa!!!!!! La vita dei vostri/nostri figli non è nostra, ma totalmente loro. I figli non si fanno per avere compagnia o appoggio nella vecchiaia, si fanno per generosità verso la vita, per lanciarli nella loro vita, non per il nostro egoismo, questo per me è il vero amore. Tranquille, non posterò altri commenti……..

    1. Assolutamente d’accordo. Non voglio sminuire la tristezza e lo smarrimento che proviamo quando un figlio esce di casa, succede anche se va a vivere a 100 metri da noi, ma questa tendenza italica ad essere mamme chiocce proprio non va. E’ sempre sbagliato vivere in funzione di qualcuno, se poi quel qualcuno è un figlio credo sia ancora più sbagliato, perchè si blocca il suo sviluppo e le sue scelte. Tutti noi individui dobbiamo essere autonomi, possiamo condividere una parte del cammino, lunga o corta che sia, con tante persone, ma dobbiamo sempre essere in grado di camminare con le nostre gambe e mai subordinare la nostra felicità a quello che fanno o non fanno gli altri. Lasciamo liberi i figli e loro torneranno spesso da noi volentieri.

    2. Concordo pienamente con Patrizia. I figli non sono nostri come noi non siamo stati dei nostri genitori. Il mondo non gira intorno a noi e questo paese non gira intorno ai giovani. Profondamente sbagliato piangere ( anch’io ho pianto ) ma bisogna “maturare” e capire che non serve a nulla…

  10. Grazie Daniela per la tu condivisione. E’ incredibile come il dolore ti porti a sperare anche nelle piccole cose. Mi dispiace per te. E’ vero in fondo sono stata fortunata ad assistere per tanto tempo mia figlia e il mio piccolo. (Se solo riuscissi a credere alle parole che dico!!!!!!!).
    Io so che il problema non è delle situazioni esterne. il mio problema è che ho organizzato tutta la mia vita, le mie scelte, le mie rinunce, attorno a mia figlia. E…questo è sbagliato, ora lo so. Speriamo non sia tardi e che io riesca a trovare, come fai tu forza nelle passeggiate che continuamente faccio nella mia splendida città.
    Grazie anche ad Aminta. Avete tutte ragione e sapere che tante di noi hanno lo stesso problema un pò mi sostiene. Ho già provato lo psicologo e anche i farmaci. Ma come dite voi ce la farò. Ce la farò, Anche questo luogo di scrittura mi serve. Grazie a tutte
    Rosa

  11. Mio figlio , figlio unico, sta in Norvegia da circa 7 anni ed ha ragione Daniela a dire che sei fortunata Rosa . Anche io sono fortunata, i nostri figli sono relativamente vicini riguardo a lei. Adesso mio figlio ha sposato un’australiana e per fortuna e’ lei che si e’ trasferita, ma io tremo.
    Comunque quando e’ andato via e’ stato molto molto duro. Prima di andare via mi ha aperto una mail, poi mi ha regalato un ipad e per fortuna c’è whatsapp ecc.ecc. Ma ti devo confidare che io ho cercato aiuto da una psicologa e con lei piano piano ho capito che ci vuole un po’ di sano egoismo. E che se hai bisogno di aiuto lo devi chiedere, al marito, alle amiche , nessuno ti da se non chiedi. Certo ci vuole un po’ di tempo per acquistare serenita’ ma ce la farai. E pensa che siamo in tante, siamo un popolo . Un abbraccio

  12. Cara Rosa, ti capisco profondamente. Il mio incubo ricorrente è questo: che mia figlia rimanga per sempre in Australia, dove lavora e vive con il suo compagno inglese che per nulla al mondo si trasferirebbe in Italia. La sua vita di donna si svolgerà lontana da me, (magari avessi la gioia che hai avuto tu di averla vicino col pancione), avrò nipotini all’altro capo del mondo, che perleranno una lingua straniera e ai quali non potrò raccontare fiabe nella mia (il ricordo di mia nonna che lo fa con me è tra i più cari che ho). Non li potrò coccolare e riempire di baci…
    Ma, se posso permettermi, ti dico come sto cercando di reagire: un corso d’inglese, (se in gruppo sono piuttosto economici ed ho incontrato altre due mamme nostre omologhe)!
    Poi sono d’accordo con Aminta: che fortuna avere più tempo per te, adesso che sei in pensione!
    Abiti in una meravigliosa città, sei vicina al mare! Io cerco di fare almeno qualche giorno a settimana delle camminate nei borghi storici o sui colli della mia perchè mi rilassano più di una palestra, che non fa per me. Ma per altre potrebbe essere un’idea. Oppure un hobby o una passione che avevamo da ragazze e abbiamo accantonato per “lavoro&famiglia”. Qualche pomeriggio in biblioteca, fare volontariato, (anche come babysitter: il tuo cucciolo è insostituibile, ma tu puoi dare amore a chi te lo ricorda un pò). Non so cara Rosa, non c’è una ricetta temo. Ma pensa che per una distanza come Napoli- Barcellona io ( Bergamo-Sidney), metterei la firma….
    Se davvero tra un pò penserai ancora di non farcela, impara un pò di spagnolo e considera un eventuale vostro trasferimento: l’estero non ruba il cuore ai nostri ragazzi, il loro cuore siamo noi.
    Coraggio, un abbraccio forte. Mamma Daniela

  13. Cara Rosa, mi ha molto emozionata la tua testimonianza. Ti auguro di riuscire a far sentire sempre la tua presenza al tuo nipotino nonostante la distanza.

    1. Cara Rosa, mi hai fatto diventare triste. Ti prego, non piangere più. I nostri figli ci mancano tanto ma devono vivere la loro vita e noi li dobbiamo aiutare in queste loro scelte. Riprendi i contatti con te stessa, fai delle cose per te e quando sarai più serena fai un grande respiro e chiama tua figlia, dille quanto ti manca e vedrai che anche per lei è la stessa cosa. Ma non e’ la fine del mondo , e’ solo un altro modo di vedere il mondo. Un abbraccio grande

      1. Grazie Aminta. Ci sto provando ma proprio non ci riesco. Se puoi dammi come si fa a fare delle “cose per sè”. Io non l’ho mai fatto. Ho voglia di imparare ma non so da che parte cominciare. Spiegami come.

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