Vivere, digerire e metabolizzare il distacco.

Lettera di Mamma Dala. 

Quando decise di partire me lo comunicò un mese prima. Fu per me un mese di tribolazioni nell’illusione che 30 giorni sarebbero stati sufficienti per farla tornare indietro sui suoi passi, ma avevo fatto i conti senza l’oste…”L’Oriente? La Cina? E’ un altro mondo, altre abitudini, non conosci nessuno, magari gli Stati Uniti d’America sono altrettanto lontani però è occidente”…  Niente… caparbia continuava imperterrita nella sua organizzazione ed io in silenzio la guardavo ma con lo stomaco sottosopra.
“Allora parto con te, almeno ti do una mano per sistemarti, ti aiuto a cercare casa, compro quello che ti servirà…”
“No, fu la sua risposta secca, non mi saresti di aiuto nelle prime fasi, anzi sarebbe un pensiero per me saperti sola mentre sono al lavoro. Più in là verrai con papà”. Poi aggiunse: “Non so neanche se mi piacerà e magari dopo 6 mesi me ne torno, quindi che vieni a fare subito?”

Sono passati, invece, 2 anni, la sento serena anche se mi domando spesso se non ha momenti di nostalgia del suo mondo, dei suoi amici di sempre. Poi finalmente con mio marito siamo riusciti ad andare lì e vederla così sicura di sé stessa, così intraprendente, così forte mi ha riempito il cuore. Aveva organizzato tutte le nostre giornate, prenotato spettacoli teatrali, ristoranti per la cena, tour in giro per la città, insomma sembravamo noi i figli e lei la nostra mamma. I giorni sono volati in un attimo, ma quando sono tornata in Italia ho capito quanto sono fiera di lei, orgogliosa di avere cresciuto una figlia determinata e coraggiosa perché scelte così drastiche non sono facili da accettare per noi genitori, ma sicuramente sono molto più difficili per loro che vanno via!

Dala

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